Dopo molto tempo qualcosa agita nuovamente quel vento arcano ... ricevo da Alessandro Monti nuove informazioni relative al progetto Wind e le inoltro qui per vostra utile informazione :
almanac 33 rpm/years after :: alessandro monti
PREVIEW – : The Wind Collector
era stata una strana avventura di gruppo e non un album solista come
alcuni vogliono far credere. Dopo innumerevoli vicissitudini per il
sottoscritto non è stato facile separare l’aspetto umano da quello
artistico, ma oggi almeno ho fatto pace con le musiche; durante le prove
per il mini-tour di presentazione del libro Caleidoscopio Folk
ho rivisitato i brani alla chitarra acustica (e non solo) con il mio
gusto attuale, in totale semplicità e in modo scarno, diametralmente
opposto all’originale: ne è uscito un album che reputo importante in cui
i modus operandi dell’hip hop e del dub vengono trasferiti in ambito
folk, forse uno dei rari esempi in circolazione. Questo lavoro
rappresenta anche la chiusura del cerchio esattamente 33 anni dopo la
mia prima produzione a 33 giri. Per una scelta ideologica i brani
all’interno del CD non contengono codici ISRC pertanto non arriveranno
mai nelle piattaforme digitali come Spotify che stanno facendo danni
irreversibili alla musica. Il disco sarà disponibile in esclusiva alle
presentazioni del libro e attraverso pochi link selezionati.
Nel corso del lavoro il sound passa gradualmente dall’acustico ad altre
forme ibride, attraverso un crescendo organico che sembra racchiudere
una naturale evoluzione diluita in anni di esperienze e ascolti; un
passaggio corale conduce infine nell’elettronica estrema. E’ importante
sottolineare che per me ogni forma sonora ha la stessa importanza
all’interno del lavoro, nulla è contrastante ma complementare.
1. Almanac
La trasposizione in stile folk di questa
electro-song è stata naturale: infatti il mio testo era ispirato dai
grandi gruppi folk-prog, soprattutto Art Bears, Steeleye Span, Fairport
Convention, Incredible String Band, rigorosamente fuori contesto e fuori
tempo massimo. Non è un caso che in quel periodo stessimo eseguendo
anche una cover di Know di Nick Drake (poi inclusa in As Witness Our Hands)
molto apprezzata dal sito ufficiale di Nick. L’occasione mi ha permesso
di trovare una giusta tonalità per la voce e correggere qualche
inesattezza nel testo. Negli States lo chiamano folk process:
l’idea di interpretare quello che è un motivo tradizionale aggiungendo o
sottraendo parti del testo o delle musiche, rendendolo in tal modo
sempre vivo e contemporaneo: ho applicato questa filosofia al brano che,
anche se non è materiale prettamente tradizionale, ne mantiene però
varie caratteristiche. Registrato in diretta da Gianni Visnadi nel suo
studio con aggiunta di rumori d’ambiente del parco dietro casa. Doveva
essere una prova per la voce, ma è venuta così bene che ho deciso di non
inserire il cavo della chitarra, lasciando l’arpeggio solo in
sottofondo: ha funzionato. Una celebre trasmissione televisiva, l’Almanacco del giorno dopo
ha ispirato alcuni brani che ho scritto prima con questo progetto e poi
con il successivo Unfolk, la sigla era di Riccardo Antonio Luciani, un
grande musicista a suo agio sia nella musica tradizionale che in quella
elettronica. Dopo anni di oblìo la sua musica è oggi reperibile grazie a
numerose ristampe apparse sul mercato.
2. Stella Maris
Ormai le volte in cui i nostri pezzi sono
stati campionati in rete non si contano più: un mare di remix e tributi
dove chiunque si sente un grande producer e rallenta o velocizza a
piacere (i pro e i contro della falsa democrazia della rete al servizio
del marketing). Una cosa è certa: mai mi sarei aspettato che il brano
sarebbe rinato alla chitarra acustica, con l’aggiunta di passaggi nuovi
quasi-dub (esiste un folk-dub?), lontanissimo dall’originale ma con
un’atmosfera complementare e una coda diversa: Stella Monti’s
appunto, recuperata da una precedente sessione. Arrangiamento ispirato
dall’ascolto di artisti originali quali Augustus Pablo, King Tubby,
Errol Thompson, Errol Brown & The Revolutionaries, Joe Gibbs &
The Professionals, Scientist, Sly & Robbie… autentici maghi del
mixer che con l’apparente povertà analogica hanno creato pagine ancora
originali e influenti operando in modo autonomo al di fuori del circuito
mainstream occidentale.
3. Blue Weaver
Il grande tastierista Blue Weaver (Amen
Corner, Strawbs, Bee Gees) un giorno mi ha scritto attraverso YouTube
chiedendo il perché avessimo usato il suo nome: ho spiegato che
probabilmente era una variazione di Blue Weather ma che io ero un fan
degli Strawbs e mi faceva molto piacere che fosse una sorta di link; mi
ha risposto lusingato e contento. Qualche anno dopo il destino ha voluto
che conoscessi il gruppo inglese di persona durante un loro tour
acoustico. In questa versione ho eliminato il pulse originario e
arrangiato l’armonia di piano e basso per sola chitarra acustica,
aggiungendo una serie di suoni elettronici che portano il tutto verso un
mondo di ascolti lontani; la seconda parte in stile quasi-jazz
evidenzia il sound del vibrafono, uno dei miei strumenti preferiti (è
stata vagamente ispirata dallo stupendo lavoro di Bobby Hutcherson in Out To Lunch
di Eric Dolphy, dai momenti più ispirati di Milt Jackson nel MJQ e in
tempi recenti, da Stomu Yamash’ta e Tortoise artisti dei quali sono un
vero fan).
4. Snake Theory
Scorrendo il web e i surreali tabulati di
copyright, sembra che questo sia il brano più popolare dell’album
originale. Ricordo che all’epoca avevo eseguito personalmente il mix del
pezzo stemperando i colori nel finale, come fossero sparsi da un
pennello su una tavolozza, certamente uno dei miei contributi migliori
al disco The Wind Collector. Il testo (scritto da Gigi Masin) è
molto interessante e ancora attuale, soprattutto se riletto alla luce
degli eventi successivi alla pubblicazione del disco. Mi domando
cos’abbia avuto in comune a certa musica balearic, al punto da
essere incluso in banali compilation. La mia versione del brano cerca di
rimettere le cose al loro posto ed è stata in parte ispirata dalla
lettura della bellissima autobiografia di Beverley Kutner Martyn, Sweet Honesty
in cui il famoso consorte sembra proprio il serpente del titolo.
Certamente se l’avessi letta prima non avrei stretto la mano a John alla
fine di un concerto. Beverley è stata una delle più grandi promesse del
folk che ha avuto la sua vita artistica completamente annullata dal
comportamento scellerato del marito, artista di talento ma uomo da
evitare. Snake Theory appare qui per la prima volta con la mia voce… e alla fine l’arrangiamento non potrebbe essere più diverso dall’originale!
5. Swallows’ Tempest
Scrivere per coro è un mio vecchio sogno,
purtroppo mai realizzato pienamente. Ho sempre sentito che questo pezzo
aveva grandi potenzialità che erano state esplorate solo in parte; ho
trasportato le linee base su quel territorio aereo e astratto togliendo
il sequencer, ma mantenendo l’idea del loop su cui si costruisce il
brano. La brevissima citazione su The Wind Collector (Swallows’ Tempest versione II)era
radicalmente diversa, tuttavia sfruttava la stessa sequenza di note del
tema disposte in modo rallentato nello spazio, quasi un interludio per
accompagnare il disco verso il lato 2. Il 23 novembre 1990, poco prima
della pubblicazione di quell’album, abbiamo suonato in trio a Gorizia al
festival All Frontiers (Gigi Masin, Marco Barel e il sottoscritto): in
quell’occasione Gigi aveva preparato un campione di sole voci estratto
da un disco di musica antica che si ripeteva ad libitum, sul quale
armonizzavo con il basso, ma mi sembra che il pezzo sia rimasto inedito.
Questa nuova idea corale si basa sulla versione che eseguivamo live con
il trio che aveva registrato l’album (Masin, Monti & Pizzin), più
vicina al pezzo originale del 1986 in cui suonavo il tema stridente al
basso con l’archetto dietro al sax del compianto Marco Barel e con gli
echi sapienti di Ermanno Velludo: mi sembrava doveroso dedicare la mia
nuova versione a loro, due amici scomparsi che hanno contribuito alla
crescita del progetto. Ermanno ed io eravamo rimasti in contatto per
molto tempo anche dopo la chiusura dello studio e lo visitavo spesso sia
nel suo home-studio che nella chiesa degli Armeni dove lavorava negli
ultimi anni; ha lasciato in eredità a Venezia il suo disco Omaggio a San Marco
registrato nella Basilica in occasione della nuova illuminazione, dove
si alternano composizioni di musica antica e moderna registrate in modo
fantastico: ricordo che avevo avuto l’onore di sentire il mix in
anteprima. Durante quest’anno di “over tourism” molti avranno acquistato
quel disco come souvenir e mi piace pensare che gli sarebbe piaciuta
questa nuova rivisitazione vocale di Swallows’ Tempest. Ho
eseguito le varie sezioni virtuali di getto separatamente prima di
creare i loops, segno che il brano era stato interiorizzato in modo
perfetto; Elisabetta Montino ha elevato il brano attraverso la
contrapposizione di una magnifica voce umana, creando una dimensione che
ricorda un incrocio atemporale tra la spiritualità di Hildegard Von
Bingen, la parte corale di Atom Heart Mother e il minimalismo del XX
secolo; la sua performance è andata oltre la mia immaginazione.
6. Random Security
La sintesi granulare è una mia passione
(numerosi i brani che appaiono su Bandcamp); le nuove armonie che si
possono ottenere sono talmente infinite che da un singolo brano ne
possono uscire migliaia; basta posizionarsi su una cellula che si apre
un mondo nuovo di suoni, nascosti tra i rumori glitch e le interferenze
digitali. Questa è la mia versione attuale eseguita in real time e
editata in modo certosino in post-produzione: la decostruzione sembra
trasportare il pezzo originale verso un’altra dimensione, mantenendone
le caratteristiche armoniche peculiari; questo approccio sonoro è stato
involontariamente influenzato dall’ascolto del progetto Oval (Markus
Popp) che attraverso una metodologia sperimentale (ma pur sempre
armonica), è stato uno degli ultimi esempi di elettronica pop che mi
abbiano emozionato nella stanca era dei “presets”. Ho scritto il testo
di ritorno dal primo viaggio negli States in un tentativo di descrivere i
paesaggi nella mia memoria: anche questo appare per la prima volta con
la mia voce e qualche effetto aggiunto. Il tecnico deve aver avuto il
suo bel da fare in fase di mastering per rendere il sound generale
adatto al vinile!
NOTA su Random Security:
Dopo anni in cui mi sono interessato ad altro ignorando completamente
queste musiche, ho dato un’occhiata allo stato attuale dei copyright e
consultando questo brano, ho avuto la sorpresa di vederlo firmato da un
solo membro del gruppo con tanto di Editore e Subeditore. I coautori non
sono mai stati avvisati, ma credo non valga la pena preoccuparsi dal
momento che il pezzo non genera grandi guadagni a nessuno. L’episodio la
dice lunga su come talvolta l’approssimazione e/o l’opportunismo
possano scavalcare ogni logica all’interno della spinosa questione dei
copyright, una materia che appare ormai smantellata dalla gestione
scellerata del web e di conseguenza totalmente anacronistica.
7. The Silence Collector [bonus track]
La calma dopo la tempesta sonica: un brano sussurrato per non rompere
il silenzio che contiene un riferimento inconscio ad un’opera lontana: “There is no Wind Collector, really; matter of fact he’s only a Silence Collector“.
8. Smartphone demo [bonus track]
Un esperimento riuscito: è stato eseguito di getto alla fine delle
sessioni usando solo un Samsung Galaxy e l’app Perfect Piano; come
ottenere un discreto risultato con il minimo dei mezzi, solo due tracce
di chitarra e una di organo, convertite, editate e mixate con Audacity e
Bandlab. Chi ascolterà con attenzione all’interno troverà un’ultima
citazione nascosta. Il tutto non poteva che interrompersi bruscamente…
Alessandro Monti
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